venerdì 21 aprile 2017

25 Aprile: La resistenza culturale va avanti.






di Sergio Di Cori Modigliani


Secondo lo scrittore Alberto Moravia, che era un amico intimo di Pasolini, il seguente testo pubblicato sulla rivista Nuovi Argomenti 50 anni fa, è stata la goccia che ha fatto tracimare la pazienza di potentati fascio-democristiani che volevano la morte del grande intellettuale e artista friulano. Pier Paolo Pasolini (ma quest'aspetto è ancora fortemente censurato in questo paese strutturalmente antisemita) era stato il primo intellettuale d'occidente ad aver denunciato l'uso del termine "palestinese" da parte della sinistra europea sovietizzata per manifestare di nascosto un proprio radicato e profondo anti-semitismo e aveva scelto di sostenere lo stato d'Israele contro ogni censura.
Come sappiamo, a Pasolini andò male.
E' andata male anche per l'Italia.
 

E seguiterà ad andare male, anzi peggio, se le persone non si decidono a ragionare con la propria testa rinunciando a sottoscrivere petizioni, richieste, slogan, vecchi e ammuffiti, per abitudine, per necessità sociale, per interesse opportunista o per pigrizia e superficialità intellettuale. Chi vuole riscrivere la Storia rivisitandola e concimando il seme tossico del negazionismo deve sapere che c'è chi non si inginocchia davanti ai dettami del corrente Pensiero Unico.
Tutto ciò per commentare la scelta -che condivido- del PD di non partecipare alla manifestazione dell'Anpi per il 25 aprile a Roma, in conseguenza del fatto che sarà presente una rappresentanza di organizzazioni palestinesi che culturalmente, politicamente e storicamente, fanno riferimento ai Fratelli Musulmani i quali nel corso della seconda guerra mondiale si erano schierati al fianco di Adolf Hitler. Il 25 aprile del 1945, il gran muftì di Gerusalemme si trovava a Berlino, in una proprietà di Joseph Goebbels che gli era stata regalata. "La soluzione finale è ciò che ci vuole per tutte le popolazioni arabe; eliminare fisicamente tutti gli ebrei della Terra sarà la soluzione migliore per noi, politicamente, culturalmente, ed economicamente". 
Così scriveva, nel 1940.
Aver invitato i suoi eredi a celebrare il 25 aprile, data per noi italiani simbolica, in cui si celebra la resistenza contro il nazifascismo, è un atto di infantilismo superficiale e di ignominia civile.
 

E' un insulto alla memoria storica della civiltà progressista.
 

La formazione partigiana delle Brigate Ebraiche che militarmente rispondevano nella catena di comando a Sandro Pertini e Ferruccio Parri e che hanno combattuto contro l'asservimento dell'Italia alla dittatura, non parteciperanno alla manifestazione e organizzeranno un raduno in un'altra parte della città di Roma. La sindaca Virginia Raggi, pensando piattamente di compiere un atto salomonico, ha deciso, e quindi comunicato all'intera cittadinanza, che parteciperà alle due manifestazioni. Nella sua mente, me ne rendo conto, questo gesto sta a significare una rappresentanza di tutti. Non è così. Per ragioni che sono intuitive ed è inutile dilungarsi.

Ecco il testo pubblicato nel 1968 da Pier Paolo Pasolini sulla rivista Nuovi Argomenti per parlare proprio di queste cose, visto che una sua lettera di fuoco di allora, inviata alla sede dell'Anpi e letta alla radio da Alberto Moravia, convinse l'Anpi a cancellare la presenza dei Fratelli Musulmani alle celebrazioni. Era ancora troppo alto il numero di sopravvissuti e di partigiani che ben ricordavano la realtà storica e oggettiva dei fatti.
 

Erano ancora vivi Giorgio Bocca, Enzo Biagi, Ugo La Malfa.

La memoria non è un optional: è uno strumento.


Sosteneva Pier Paolo Pasolini su Nuovi Argomenti 50 anni fa:

"Ora, in questi giorni, leggendo l’Unità ho provato lo stesso dolore che si prova leggendo il più bugiardo giornale borghese. Possibile che i comunisti abbiano potuto fare una scelta così netta? Non era questa finalmente, l’occasione giusta per loro di “scegliere con dubbio” che è la sola umana di tutte le scelte? Il lettore dell’Unità non ne sarebbe cresciuto? Non avrebbe finalmente pensato – ed è il minimo che potesse fare che nulla al mondo si può dividere in due? E che egli stesso è chiamato a decidere sulla propria opinione? E perché invece l’Unità ha condotto una vera e propria campagna per «creare» un’opinione? Forse perché Israele è uno Stato nato male? Ma quale Stato, ora libero e sovrano, non è nato male? E chi di noi, inoltre, potrebbe garantire agli Ebrei che in Occidente non ci sarà più alcun Hitler o che in America non ci saranno nuovi campi di concentramento per drogati, omosessuali e ebrei? O che gli ebrei potranno continuare a vivere in pace nei paesi arabi?
Forse possono garantire questo il direttore dell’Unità, o Antonello Trombadori o qualsiasi altro intellettuale comunista? E non è logico che, chi non può garantire questo, accetti, almeno in cuor suo, l’esperimento dello Stato d’Israele, riconoscendone la sovranità e la libertà ? E che aiuto si dà al mondo arabo fingendo di ignorare la sua volontà di distruggere Israele?

Cioè fingendo di ignorare la sua realtà? Non sanno tutti che la realtà del mondo arabo, come la realtà della gran parte dei paesi in via di sviluppo – compresa in parte l’Italia – ha classi dirigenti, polizie, magistrature, indegne? E non sanno tutti che, come bisogna distinguere la nazione israeliana dalla stupidità del sionismo, così bisogna distinguere i popoli arabi dall’irresponsabilità del loro fanatico nazionalismo?".



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